Un’idea che ha dato vita ad un bel progetto di volontariato sul territorio di Bergamo e provincia.

Ma, come è noto, dietro ogni idea c’è sempre una storia personale: in questo caso c’è “una storia nelle storie” che inizia con un distacco forzato dal Paese di nascita ma che, grazie all’arte del raccontare, trova il suo riscatto in altri luoghi e, soprattutto, nella nostra accogliente città.

Nata in Argentina nel 1973, Candelaria Romero, fugge insieme alla famiglia dalle dittature latino americane, passando per la Bolivia. Studia in Svezia, dove la famiglia riceve asilo politico, per poi arrivare a Bergamo, città in cui decide di vivere con i figli e il marito.

 

Mi chiamo Candelaria Romero e sono nata in Argentina, ma ho vissuto i primi anni della mia vita in giro per il mondo, gli ultimi ventinove a Bergamo. Prima di venire qui abitavo in Svezia e prima ancora in Bolivia. Ho vissuto in parecchie case e ho fatto molti traslochi. Non sempre mi sono spostata per motivi di lavoro o per piacere, anzi…

I primi viaggi erano imposti dalla necessità di scappare dalla dittatura Argentina degli anni Settanta. Ma nonostante tutti questi spostamenti non mi sono mai sentita spaesata.

E allora mi chiedo, cos’è che mi fa sentire a casa ovunque io vada? La riposta è che ho un legame speciale con l’arte. Ma in che modo questo mi fa sentire a casa? Prima di tutto ho sempre avuto vicina l’arte, mi appartiene fin da piccola. Sono nata in una famiglia di scrittori e sono loro che mi hanno trasmesso la passione per ogni tipo di forma artistica, e così, dall’età di diciannove anni, faccio teatro, racconto storie e scrivo.

 

L’arte come espressione umana, antica e trasversale a ogni cultura

Come racconta lo scrittore Yuval Noah Harari nel suo libro Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, la nostra prima rivoluzione fu quella cognitiva (dell’immaginazione), quella che permise ai sapiens di passare da un mondo inteso solo come spazio fisico da sfruttare, da decifrare e dal quale trarre profitti per la propria sopravvivenza, a un mondo dove ciò che è invisibile agli occhi può diventare essenziale (cit. Il piccolo Principe). Nascono così l’immaginazione e l’arte che ne è la sua emanazione. L’arte narra l’invisibile, evoca, canta, disegna, scrive ciò che «non si vede che con il cuore». (cit. Il piccolo Principe).

Harari nel suo libro fa un bellissimo esempio. Siamo all’epoca dei cacciatori-raccoglitori, in una radura c’è un leone, bisogna stare attenti e allora i sapiens utilizzano il linguaggio per avvertire gli altri del pericolo. Ecco che il linguaggio viene usato per dire: “non andare là, c’è un leone”.

Con la rivoluzione cognitiva, con l’espressione dell’immaginazione impariamo, invece, a usare il linguaggio per spiegare qualcosa che è altro, che non si vede a occhio nudo, e così possiamo dire: “là c’è un leone, il leone è il nostro animale totem, e la forza della sua anima proteggerà la tribù”. Parliamo quindi dell’arte del racconto e della narrazione che vengono usati per spiegare il mondo, per renderlo meno pauroso e per sentirci più vicini. Due estranei possono sentirsi uniti condividendo gli stessi miti, dunque le stesse narrazioni.

I racconti uniscono e il linguaggio artistico è capace di creare una narrazione collettiva che ci può far sentire comunità.

 

Il circolo dei narratori

Ma se l’arte avvicina, perché allora non usarla per unire le persone e creare, proprio attraverso il racconto e la narrazione, coesione tra gli individui di una comunità che si sta sfaldando? Come far sì che le persone si sentano vicine? Può l’arte fare da collante?

Vi racconto la mia piccola storia ambientata a Bergamo.

Vivo a Bergamo dal 1992 e, durante questi anni, ho vissuto in varie parti della città. Nel 2005 mi sono trasferita con la mia famiglia in un quartiere della periferia: il mio tredicesimo trasloco. Fin da subito mi sono sentita bene in quel luogo verde, il quartiere di Valtesse; vicino alla mia casa c’è un bellissimo bosco che mi ricorda tantissimo quello che avevo anche a Stoccolma. Non conosco nessuno in questo quartiere, ma la prima cosa che scopro è che, di fianco alla scuola dell’infanzia frequentata da nostra figlia, c’è una biblioteca. Mi offro come narratrice volontaria e inizio a raccontare storie ai bambini che frequentano la biblioteca e alle loro famiglie. Nasce così una delle più belle esperienze di cittadinanza attiva che io abbia mai sperimentato. Attraverso il racconto delle storie ho fatto nuove conoscenze, ho creato legami e ho potuto conoscere meglio la storia del luogo.

Da qui l’idea di creare il circolo. Oggi siamo centocinquantacinque volontari narratori che raccontano storie nelle biblioteche di tutta Bergamo e Dalmine. Formato nel 2013, Il circolo dei narratori, è un’iniziativa promossa dall’associazione “Il cerchio di gesso” in collaborazione con il sistema bibliotecario di Bergamo.

Nato come esperienza culturale è, ormai, diventato un progetto stabile di coesione sociale e partecipazione attiva, sostenuto dal comune di Bergamo (dal quale ha ricevuto, nel 2017, la civica benemerenza). Persone di tutte le età, dopo aver preso parte ad alcuni incontri formativi, si ritrovano per leggere ad adulti e bambini. Il circolo opera per promuovere la lettura, risvegliare la memoria culturale del territorio e rafforzare il legame tra i cittadini, superando le differenze. Si pone l’obiettivo di coinvolgere sempre più cittadini come volontari socioculturali, con attività economicamente sostenibili e con azioni di corresponsabilità, valorizzando il patrimonio delle biblioteche come bene comune.

Creiamo comunità attraverso il racconto di storie e la lettura ad alta voce.

 

Raccontare in tempi di pandemia

Ma torniamo ai nostri sapiens e alla loro rivoluzione cognitiva.

Così come i nostri antenati, anche noi, nei primi mesi dell’anno 2020, ci siamo trovati davanti a un grande e sconosciuto predatore: il Covid 19. Da un giorno all’altro abbiamo dovuto imparare a decifrare il “grande mostro”, capire come combatterlo e nel frattempo darci forza e coraggio per non soccombere alla paura e allo smarrimento. Così, durante il primo confinamento, a marzo 2020, i volontari del circolo dei narratori hanno continuato a raccontare, anche se le biblioteche erano chiuse: hanno donato trecentoventi storie al telefono, inviate su Whatsapp come messaggi audio, direttamente nelle case di chi ne faceva richiesta.

Tutte le volte abbiamo narrato per rassicurare. Volevamo dire a chi ci ha ascoltava: “guarda, là c’è un mostro, non ti avvicinare. Ora ascolta questa storia, ti parlerà al cuore, ti farà sentire meno sola o solo. Anche se siamo in lockdown, rimani attaccato o attaccata a questo filo narrativo che ci unisce”.

Ormai sono passati quasi undici mesi dalla prima volta che abbiamo sentito parlare del “mostro”, ma noi continuiamo a narrare, al telefono, a distanza, via Zoom, nell’etere. Raccontiamo storie che possano unire, lenire, dare un senso o sollevare, anche solo per il tempo di un racconto.

Le storie legano, creano intrecci, ci fanno sentire a casa e in tempi di Covid, e non solo, questo non è poco.

di Candelaria Romero

 

Guarda il video TED consigliato dall’autrice:

Yuval Noah Harari, Come si spiega l’ascesa dell’uomo?

TEDGlobalLondon, giugno 2015

Published On: Febbraio 1st, 2021 / Categories: TEDx / Tags: , , , , /

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