Vatinee Suvimol, per tutti “Vaty”, thailandese di nascita e italiana di adozione: avvocato, fotografa, scrittrice, food blogger e mamma. Nella vita ha tante passioni, tra cui l’amore per Bergamo.

Nel corso di questi anni ha scritto diversi libri e ha partecipato come contributor ad altri. In questa intervista* in cui ci racconta la sua storia parla del suo approccio al digitale e di come riesca a far convivere vita reale e virtuale senza rinunciare a sé stessa.

 

In questo tempo di pandemia il digitale ha avuto un ruolo rilevante in tutti gli ambiti. Tu cosa pensi a riguardo? Credi che riusciremo a recuperare il gap che esiste nel nostro Paese?

Penso che primo o poi ci riusciremo. Io, che ho sempre lavorato nel digitale, non ho visto molte differenze nella mia vita quotidiana e lavorativa. Anzi, l’anno scorso ho fatturato di più rispetto agli anni precedenti.

Solo all’inizio ho dovuto superare un piccolo ostacolo: non ho potuto presentare dal vivo il mio ultimo libro. Non potendo andare in giro per l’Italia ho creato un format per arrivare a tutti i potenziali interessati. Ho così ovviato al problema organizzando dei workshop fotografici interamente online in cui ho simulato tutto come se le persone fossero fisicamente vicine a me.

Questo format mi ha permesso di raggiungere molte persone e il libro è stato molto venduto, nonostante il periodo. In più ho potuto sviluppare un mio progetto di formazione online dedicato alle persone che lavorano nel campo della fotografia.

Quello che è cambiato, almeno nel primo periodo, è stato il mio lavoro di avvocato, poiché le udienze sono state bloccate o rinviate. Poi, anche quelle si sono fatte, ma online, dimostrando che anche il mondo dell’avvocatura, pur essendo molto vecchio, è riuscito ad adattarsi.

 

In questo tempo complicato il digitale può essere la soluzione di tutto?

Di tutto no, perché l’uomo è un animale sociale, avremo sempre bisogno di contatti fisici.

Lo vedo piuttosto come un rafforzamento di quello che era iniziato come processo: il collegamento online e il fatto di arrivare dappertutto senza doverci essere fisicamente.

In questo momento lo percepisco come se una sorta di riadattamento per non estinguerci! (sorride), ma non credo che sostituirà del tutto il mondo precedente.

 

Cosa significa per te “digital life” e come riesci a conciliarla con la vita reale?

In realtà, non riesco a distinguere queste mie due vite: tutto quello che mi accade fisicamente lo converto quasi sempre in un racconto online, in uno storytelling live molto fedele alla vita reale e ai miei sentimenti.

All’inizio lo facevo tramite facebook, poi, quando hanno introdotto lo storytelling live di instagram, ho iniziato a raccontarmi quotidianamente tramite le stories.

Credo di suscitare molto interesse in chi mi segue proprio per questo dualismo. Da una parte i professionisti che mi seguono sono incuriositi perché sono diventata una persona popolare pur facendo un mestiere classico, dall’altra tutti quelli che mi conoscono come blogger, scrittrice e influencer si chiedono come io faccia ad essere anche una con la toga che esegue pratiche e scrive atti.

C’è, insomma, un dualismo tra due mondi diversi che con me si intersecano e, devo essere sincera, questo mi piace tantissimo.

 

Sono più i vantaggi o gli svantaggi?

I vantaggi per me sono stati tanti perché riesco ad arrivare ad un pubblico molto esteso, compresi i ragazzi, gli studenti e posso così trasmettere il mio messaggio di vita: non arrendersi mai! In questo senso sono stata anche testimonial di grandi brand poiché il mio esempio di vita, di progresso e di carriera rappresentano una spinta motivazionale per molti giovani.

Ovviamente ci sono anche cose negative: magari un collega può pensare male di te, dire che sei superficiale, ma per me contano i fatti, le azioni e le reazioni. Tutto ciò che rimane nella sfera del giudizio, del pensiero e della critica non mi sfiora.

Tra l‘altro lavoro tantissimo come avvocato anche grazie alle connessioni del web, mi arrivano molte pratiche che hanno a che fare con: cyberbullismo, progetti digitali e startup, registrazione del marchio, proprietà intellettuale, regolamenti di portali e simili. Una bella parte contrattuale che magari non viene fatta dai miei colleghi ma che a me porta un sacco di indotto.

Posso affermare che il digitale mi ha portato veramente del bene sia a livello di crescita personale che economica.

 

Come fai a fare tutte queste cose senza perdere i pezzi?

Sì vero. Faccio un piccolo inciso sulla mia esperienza in politica: è stata temporanea, ma mi ha arricchito come persona e sono ancora molto attaccata a quella lista perché non la vedo come una lista politica, ma civica, come un gruppo di persone, un’associazione con cui mi trovo molto bene.

Per il resto è tutta una questione di organizzazione. Non che io sia brava ad organizzare, ma ho imparato a gestire bene il lavoro e le persone. In studio mi affianco ai miei collaboratori che mi chiedono sempre come faccia io a trovare il tempo per fare tutte queste cose.

Diciamo che avendo fatto tanta gavetta all’inizio adesso sono ad un livello in cui decido la strategia e correggo gli atti, continuando a tenere in mano le redini della pratica. Insomma, adesso faccio un lavoro da senior e sono brava a delegare. So sempre chi è forte in che cosa e devo ammettere che le persone sono molto “responsive” nei miei confronti.

 

Tempo per te? 

Grazie a questa organizzazione riesco ad avere molto tempo per pensare e a trovare spazi anche per me stessa. Quasi tutti i giorni spengo tutto e pratico yoga per circa un’ora e mezza. Non rinuncio alle mie passioni e a ciò che mi fa stare bene solo perché ho tante cose.

Nel corso della giornata ricevo anche molta corrispondenza che arriva dal web, magari di persone che chiedono solo consigli legali o su come fare qualcosa. Io cerco sempre di rispondere, dando una mano oppure consigliando qualche associazione, sindacato o collega.

 

Di recente Seith Godin (guru del marketing contemporaneo n.d.r.) ha dichiarato che gli influencer sono il passato, caduti nella trappola dei social. Sei d’accordo?

L’evoluzione c’è, è un continuo cambiamento. Ho sentito dire che gli influencer non influenzano più. Oggi influenzano di più i professionisti.

Ho, infatti, degli amici influencer che adesso si stanno reinventando. C’è chi, ad esempio, da influencer è diventato coach o ha aperto delle agenzie di digital marketing e si occupa di comunicazione digital per conto di altri brand. La stessa Chiara Ferragni ha aperto altre attività ed è diventata più un’imprenditrice che una classica blogger.

Io nel mio piccolo, pur non essendomi mai reputata una influencer, sono tra quelli che resistono perché appunto non lo sono al 100%, ma “influenzo” tramite la mia credibilità che deriva dalla mia professione e dal mio lavoro.

Sono, quindi, abbastanza d’accordo. Non significa sbeffeggiare qualcuno, ma piuttosto un prendere atto che anche questa categoria come tante altre, soprattutto perché deriva dal web, è in continua mutazione e si evolve molto più velocemente rispetto ad altri settori. 

 

Cos’è per te la creatività e cosa vuoi comunicare attraverso le tue foto. Quale emozione in particolare?

Faccio una premessa: non sono mai stata una creativa. Io sono più che altro una perfezionista: quando inizio a fare una cosa voglio sempre eccellere anche se non ho il talento.

E così anche nelle immagini, se devo pubblicare on-line una foto deve essere una foto bella, altrimenti niente. Questa mia passione fotografica è stata una ricerca di raggiungere un buon livello che per me significa la perfezione.

Sono autodidatta e la mia popolarità è stata favorita proprio dalla circostanza che sono stata tra le prime ad aver fotografato bene, dicendo che le foto erano mie e che avevo imparato da sola. Posso dire che in questo mondo dei food blogger sono considerata come tutor, perché molte hanno imparato a fotografare grazie ai miei tutorial online. Da qui poi è arrivata la richiesta della casa editrice di pubblicare un mio libro sul tema.

Una mia caratteristica è che quando faccio una cosa la voglio fare bene. Sono spinta da questo fuoco interiore e ho sempre bisogno di dimostrare non solamente a me stessa, ma anche gli altri che ce la metto tutta. Forse, sarà stata la ricerca di un padre che non ho mai conosciuto che si è trasformata in voglia di consenso e in questa volontà di fare le cose bene, fino a diventare addirittura modello d’ispirazione per i food blogger italiani.

Io voglio dare questa immagine: che la bellezza può essere raggiunta anche con la semplicità. Ecco io sono alla ricerca della bellezza.

 

A proposito di food, qual è Il tuo ingrediente preferito? 

Ultimamente ho l’ossessione per il tè matcha, quello verde che mi fa impazzire anche a livello estetico!

 

Ci racconti un ricordo bello legato al cibo?

Il ricordo più bello legato al cibo mi riporta in Thailandia, con mia nonna…

Io sono nata e cresciuta a Bangkok. Eravamo poveri e mia mamma si era sposata con un italiano e ci mandava i soldi a fine mese. Non potevamo fare la spesa e in Thailandia, soprattutto a Bangkok, c’è questa tradizione che non si cucina (non tutti avevano la cucina in casa), ma si compra allo Street Food. L’ultimo che tornava a casa si fermava per prendere il cibo per tutti.

Il cibo non era mai caro perché street food significa la signora del quartiere che cucina a prezzi accessibili. Per assurdo costa di più fare la spesa! Mio zio, che era quello che lavorava e tornava per ultimo, comprava riso e bocconcini di carne con il carry o con il sugo.

Ci mettevamo a tavola con questo unico piatto che dividevamo in tre e mia nonna diceva sempre: “mi raccomando, accompagna ogni bocconcino di carne con tre belle cucchiaiate di riso così ti aiuta a riempire perché non abbiamo molto carne”.

Questo per me è un ricordo meraviglioso che mi riempie proprio interiormente il cuore e la pancia e anche oggi quando mangio un piatto tailandese GUAI se non mi danno anche il riso!

 

Il tuo rapporto con Bergamo?

Sono legatissima a Bergamo. Per me Bergamo era ed è proprio la città a cui ero destinata.

Ho girato molto con la famiglia del mio patrigno e con mia mamma, però non mi sono mai trovata bene con quella famiglia. Mi porto tutt’oggi dei traumi dovuti al senso di inadeguatezza che provavo.

Sono cresciuta a Palermo, dove ho trascorso un periodo molto bello. Quando ho finito le scuole, però, il mio patrigno mi ha cacciata da casa e ho iniziato a vivere da studentessa affittando le camere. I lavori che trovavo non venivano mai pagati a termine. In più era tutto senza contratto.

Ad un certo punto mi sono detta che dovevo assolutamente trovare un posto magari al Nord, dove potevo mettere radici e trovare un lavoro con cui pagarmi da vivere e anche gli studi perché il mio obiettivo era quello: volevo fare l’avvocato e riscattare la mia vita. Non volevo più soffrire, non volevo più essere precaria e in difficoltà.

Ho avuto poi la possibilità di trasferirmi a Bergamo. Sono arrivata in città la mia valigia, i ricordi e le fotografie di quando ero piccola. Era la fine agosto del 2000, me lo ricordo ancora, e c’erano agenzie di lavoro temporaneo in tutta la città. Lasciai il mio curriculum e il 15 di settembre, nemmeno un mese dopo il mio arrivo, grazie alle mie conoscenze linguistiche, a soli vent’anni avevo un contratto di formazione lavoro. Il mio primo lavoro in un’azienda, dove poi ho conosciuto anche Giuliano, il mio attuale marito e mi sono legata a lui e alla città.

Per questo per me Bergamo ha questa valenza di un posto che mi ha permesso di realizzarmi davvero.

Da Bergamo in avanti la mia vita è cambiata.

 

Qual è stato il momento più difficile nella tua vita professionale e non solo? E come lo hai superato?

Si è trattato di un momento in cui mi sono trovata ad un bivio.

Quando mi sono laureata avevo un ottimo lavoro, come impiegata estero, al Cotonificio Honegger. Si trattava di un contesto lavorativo meraviglioso: un’azienda molto grande in cui ero molto ben vista dalla direzione aziendale, viaggiavo e guadagnavo molto bene.

Erano gli anni in cui avevo messo su casa con mio marito e avevo il muto da pagare, ma ad un certo punto mi sono chiesta: “cosa faccio? Metto da parte la laurea in legge e continuo questo lavoro che è ottimo oppure mi butto nella pratica forense?”. La seconda scelta voleva dire rinunciare ad uno stipendio sicuro e aprire partita IVA per una somma molto bassa poiché all’inizio non avevo clienti miei.

È stato un periodo non facile perché mi sono sentita addosso la responsabilità. Allo stesso tempo però sentivo il solito fuoco dentro che mi diceva di buttarmi perché probabilmente la vita mi avrebbe riservato altro e quindi decisi di dare le dimissioni. Le mie colleghe mi dicevano che ero pazza, ma io ho sempre seguito la voce del fuoco dentro e meno male che l’ho fatto.

 

Da donna realizzata cosa consiglieresti alle donne del nostro tempo?

Il mio consiglio è quello di non cercare di imitare altri o di essere come un uomo, usando gli stessi argomenti. Penso che dovremmo sempre ragionare come se partissimo tutti dallo stesso punto. Il mio consiglio è proprio questo: pensare e progettare qualcosa di assolutamente originale e tuo che non esiste ancora. Forse, solo in questo modo possiamo riuscire a fare veramente la differenza e assottigliare quel gender gap per ottenere finalmente il giusto riconoscimento.

I piccoli progetti a cui ho dato vita sono tutti i progetti nuovi, pensati da me, che non esistevano prima e che mi hanno permesso di distinguermi dagli altri. Bisogna pensare qualcosa che non esiste, perseguirlo, realizzarlo e comunicarlo perché anche questo è importante.

 

Cosa pensi di TEDxBergamo? Credi sia un avvenimento importante per la città?

A dire il vero non sapevo che ci fosse anche qui. Lo avevo sempre seguito in altre città come un grande evento che porta novità e rivoluzione a partire dal digitale, ma che poi si allarga anche ad altre realtà, penetrando nel tessuto industriale. Il fatto che ci sia anche a Bergamo mi rende molto orgogliosa. Spero veramente che possa portare un’aria nuova, in particolare, per i giovani, per lo sviluppo tecnologico, per il progresso, per il mondo industriale e per la digitalizzazione di tutto.

A Bergamo abbiamo già iniziato con tante realtà come, ad esempio, il Kilometro rosso, ad andare verso il settore dell’innovazione, però quando ho avuto a che fare con queste persone erano sempre appartenenti a realtà consolidate, storiche, quelle che in questo territorio hanno sempre detenuto l’industria in mano.

Il bello di TEDx, invece, è che può salire a parlare sul palco qualcuno che non ha radici industriali e che non proviene dalle famiglie più potenti. Si tratta, insomma, di persone che hanno inventato qualcosa da zero. Credo che se voi date ancor più spazio a questa tendenza, che è poi anche la vostra mission, possiamo fare grandissime cose per questa città!

Sul tema:  Denis Curti, Scattare una fotografia significa prendersi cura del mondo, TEDxMacerata

 

a cura di Tiziana Bellinvia
Team Marketing e comunicazione

*G. Colletti, F. Grattagliano, Seth Godin: «Gli influencer sono il passato, caduti nella trappola dei social», Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2021.

*Il testo è un estratto dell’intervista integrale.

Published On: Aprile 2nd, 2021 / Categories: TEDx / Tags: /

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TEDxBergamo è l’evento TED organizzato da un team locale che nasce con l’intento di coinvolgere la comunità, le organizzazioni, gli attori locali in un’appassionante esperienza di ispirazione e crescita.

L’evento è gestito dall’Associazione Culturale X Bergamo ETS.